
Lo sceneggiatore Graham Moore tocca un pò la "storia vera", un pò la romanza, per poi tornare di nuovo agli eventi: non c'è mai un prevalere di un elemento sull'altro, e anzi l'uno si alimenta dell'altro in una perfetta alchimia: la storia-vera ci porta alla storia del film, che poi ci riporta agli eventi, contestualizzandoli o giustificandoli, e dov
e non arrivano gli elementi narrati, arrivano degli opportuni indizi su ciò che sarebbe accaduto dopo il periodo narrato dal film, come le mele e il cianuro, reali elementi del suicidio di Turing, o, soprattutto, i due polizziotti: uno vestito con abiti tipicamente anni '50, che lo condanna, simbolo di come il matematico fu condannato in vita, e il poliziotto vestito in abiti contemporanei, incapace di giudicarlo, simbolo del riconoscimento che avrebbe ricevuto solo nel 2009.
Il tutto è accompagnato da un'egregia interpretazione di Benedict Cumberbatch che rende perfettamente quel genio con problemi a relazionarsi,ma totalmente fiducioso nelle potenzialità della sua macchina, voluto dallo sceneggiatore, rendendo perfettamente quella "solitudine dei numeri uno"; il resto del cast offre comunque delle buone interpretazioni, senza che vengano oscurate dal protagonista.
Uno dei difetti maggiori dei biopic moderni è il non saper dosare l'intervento di regista e sceneggiatori sulla storia vera, The Imitation Game riesce ad andare oltre certi inconvenienti risultando un ottimo prodotto, meritevole senz'altro dell'Oscar alla miglior sceneggiatura non originale e sicuramente uno dei migliori tra i film candidati.
VOTO 4/5
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