
Nato per uccidere è il titolo dell'opera a cui questo capolavoro si è ispirato, e tale rimane per tutto il film l'unica missione per individui che poco a poco perdono la propria umanità a favore dell'unico vero dovere del marine, "Uccidere! Uccidere! Uccidere!", ma che il genio di Stanley Kubrick non può che criticare aspramente come un tale coercitivo sistema non possa che discostare gli "uomini" stessi da un motivo per cui uccidere diverso dalla lontana illusione di aiutare il proprio paese: ed ecco infatti che nazionalismo e fede si rivelano come ipocrite facciate atte a mascherare la mancanza di una vera, razionale, spiegazione sulle motivazioni delle violenze compiute: da una fede negata dall'assassinio di innocenti, a un nazionalismo negato dall'esaltazione delle doti di cecchino di Oswald.
E se ancora l'ipocrisia di questa ideologia non basta per mostrare il fallimento degli USA nel creare delle devote macchine di morte, l'intero percorso da loro creato viene reso del tutto inutile, nonché pericoloso, dal personaggio di Palla di lardo, interpretato da Vincent D'Onofrio, che poco a poco mostra l'altro lato del malato proposito degli Stati Uniti, che negano il loro intento di dare una pari opportunità ad ogni cittadino, distruggendo e portando alla pazzia il debole e innocente, sotto la totale indifferenza di compagni ormai completamente assoggettati a quel mondo.
Il regista decide comunque di mettere un modello di comportamento in un tale contesto, un faro di speranza: Joker, interpretato da Matthew Modine, rappresenta un elemento anomalo in un contesto come quello del Vietnam e che dopo un costante tentativo di tenersi lontano dalle violenze dei commilitoni( spara solo quando anche altri stanno sparando, non prende l'iniziativa) per poi rendersi colpevole di omicidio di cui,per la prima volta in tutto il film, chi lo compie è pienamente consapevole del suo gesto, non nascosto da ipocrisie sui motivi delle sue azioni o dal desiderio di far carriera, ma dovuto all'aver preso coscienza tanto della realtà che lo circonda quanto dalla volontà di far emergere l'uomo da quell'automa in cui era stato plasmato, un battesimo di sangue che risveglia il soldato da quell"ebrezza provocata dalla violenza, dall'ingenuità, dallo Stato.
Lo stile di Kubrick risulta l'ideale per rappresentare al meglio la trasformazione dei personaggi, una costante simmetria che rende i caratteri non uomini ma automi, disposti in fila per l'ispezione, per gli addestramenti, per gli ordini, per eliminare quell'ingranaggio rotto del loro meccanismo altrimenti perfetto. Uno stile retto da colonne sonore tanto spensierate da creare un profondo senso di ambiguità e contrasto che è quello provato dai soldati stessi e dalla visione così leggera delle efferatezze che commettono paragonata con la gravità di quel contesto; nelle musiche monotonali(per intenderci, la scena dell'aggressione di Palla di Lardo) possiamo riconoscere uno scopo similare a quello della violenza di Arancia Meccanica: dove in un film si ritrova una violenza sempre attuale che,a decenni di distanza, continua a destabilizzare per l'immediatezza con cui la cogliamo (il colpo di catena, il calcio, la bastonata, non smetteranno mai di trasmettere l'idea di dolore), in Full Metal Jacket quelle musiche riescono ancora, nella loro semplicità, a destabilizzare lo spettatore e a trasmettere perfettamente il senso di paura, panico e ingiustizia a cui quella scena è funzionale.
Full Metal Jacket è un capolavoro assoluto, una stupenda rappresentazione di ciò che la guerra può fare agli uomini, un monito all'umanità di non cercare di trarre vantaggio da quello che è il male assoluto, e che non può che rendere malvagio chiunque si affida del tutto ad essa, una perla nel panorama dei film di genere storico/ di guerra, un lavoro imperdibile.
VOTO 5/5
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