martedì 30 dicembre 2014

12 Anni Schiavo


Disperazione. Questo è il mood a cui tutto concorre in 12 Anni Schiavo, uno degli esempi di quando l’adattamento da un libro passa in secondo piano rispetto all’atmosfera e all’immersione in una situazione che un regista può creare, e Steve McQueen riesce pienamente nell’intento.

Il mood viene introdotto già dal taglio di luce iniziale, in cui anche quei piccoli, brevi momenti felici infondono quella tristezza provocata dalla nostalgia di un momento di felicità ormai passato,  e da lì in poi sarà attuato un intelligentissimo crescendo del ritmo e della tensione, si avverte il dramma già prima che arrivi, e quando si presenterà sarà spietato e impassibile alla disperazione nostra e del protagonista per poi persistere anche nell’apparentemente lieto finale.


Il ritmo del film è retto da una fotografia claustrofobica, cupa e drammatica negli ambienti chiusi, e altrettanto opprimente negli esterni, dominati da luci asettiche, vuote, come se il sole stesso non avesse più il ruolo di illuminare, ma solo quello di infierire ulteriormente sugli schiavi con il caldo e l’afa dei campi.


Funziona altrettanto bene la colonna sonora, qui divisa tra le canzoni cantate dalle schiave (non in sottofondo, cantate dal vivo), che aiutano tantissimo l’immersione dello spettatore in quel drammatico clima e permettono di toccare con  mano la sofferenza quotidiana degli schiavi, e tra i violini, già usati dal regista in Shame, che enfatizzano enormemente le scene più drammatiche, facendo uscire la sofferenza, la disperazione appunto, dallo schermo.


A fallire è purtroppo la sceneggiatura, spesso banale e piena di semplicismi: i personaggi sono statici, non hanno evoluzione nel corso del film, dallo stereotipo del buon padrone di Benedict Cumberbatch al fallito tentativo di caratterizzazione del personaggio di Michael Fassbender, che comunque rende benissimo la follia del personaggio, con la costante paura per la sua prossima mossa, la storia stessa è piena di soluzioni di trama troppo affrettate o trattate in modo sommario, dal tentativo di Solomon di mantenere la dignità di uomo per poi voler solo sopravvivere, all’arrivo di Brad Pitt come forzato deus ex machina della vicenda.


Nonostante i vari problemi alla sceneggiatura, il film, grazie all’ottima regia di Steve McQueen, riesce a esprimere egregiamente il valore della libertà, da non sottovalutare e da tenersi sempre stretta, come non si potrebbe esserne lieti dopo aver assistito ad una così cruda rappresentazione di ciò che è la schiavitù?


VOTO 4/5

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